lunedì 31 luglio 2017

50 La popolazione mondiale: la distribuzione della popolazione


La popolazione umana non è distribuita in modo uniforme sulla superficie della terra: vi sono aree a bassissima densità di popolazione, se non completamente spopolate, quali l’Antartide, ed altre in cui vi è una fortissima concentrazione di abitanti, in particolare nell’Europa centro-occidentale e nell’Asia orientale.


Nonostante i progressi tecnici che rendono possibile la vita umana anche in condizioni ambientali sfavorevoli, i popoli continuano a preferire le regioni più favorevoli, che corrispondono alle aree storiche di insediamento. Perciò le regioni più densamente popolate sono quelle dove il clima è temperato o caldo, o dove le precipitazioni, i fiumi e i laghi forniscono una quantità d’acqua sufficiente per gli usi agricoli, industriale e domestici, o dove il suolo è abbastanza fertile da permettere la coltivazione e il pascolo, o lungo le fasce costiere che hanno permesso di sviluppare il commercio e la pesca (non a caso il 75% della popolazione mondiale vive a meno di 500 chilometri dal mare), o ancora dove non vi sono ostacoli alle comunicazioni.

Folla in una città del Vietnam. Tutto il sud-est asiatico è densamente popolato, proprio per i fattori elencati più sopra

L’insieme di questi fattori spiega alcune caratteristiche dell’attuale distribuzione della popolazione: ad esempio nelle zone temperate la densità è maggiore in pianura, dove il terreno è più fertile e il clima meno rigido (il 60% della popolazione vive entro i 200 metri di altitudine sul livello del mare), mentre nelle zone equatoriali troviamo spesso una densità maggiore in montagna, anche fino a 3.000 metri, perché in pianura il clima è eccessivamente caldo, i suoli, ricoperti dalla foresta equatoriale, sono poco fertili e a quote più alte non vivono molti agenti portatori di malattie, come per esempio la zanzara causa della malaria.

La città di Iringa, in Tanzania, sorge a più di 1.500 metri s.l.m.

Dove invece le condizioni sono meno favorevoli, la densità è molto bassa, ma nessuna area abitabile è del tutto priva di insediamenti: persino in regioni molto inospitali, quali le coste dell’Artico o il deserto del Sahara, vivono alcune popolazioni.
Anche le vicende storiche e lo sviluppo economico hanno modificato la distribuzione della popolazione, portando spesso a concentrazioni demografiche in alcune regioni, in particolare in quelle più ricche, che sono sempre state meta di immigrazione.

Veduta notturna della valle del Nilo e della Mesopotamia dalla Stazione Spaziale Internazionale (2016). Le due regioni sono alla base della civiltà umana, proprio perché qui si sono formati primi insediamenti umani stabili

Gli insediamenti umani sulla Terra sono molto diversi a seconda delle caratteristiche delle regioni in cui si sono sviluppati e delle vicende storiche. Possiamo distinguere tre forme di popolamento: nomade, rurale e urbano.
Le popolazioni che vivono in regioni in cui le risorse naturali sono scarse, quali i deserti, le steppe aride e la tundra, ma anche la foresta equatoriale, sono per lo più nomadi (o seminomadi) e quindi si spostano nel corso dell’anno o dopo un certo numero di anni di permanenza in un territorio. Le popolazioni di cacciatori e di pastori, quali i mongoli della tundra asiatica, i lapponi della tundra europea o gli esquimesi della tundra nord-americana, hanno sedi invernali e sedi estive, poste vicino ai pascoli delle loro mandrie o nelle aree frequentate dagli animali selvatici. Essi si trasferiscono dalle sedi invernali a quelle estive e a volte vi sono sedi provvisorie, abitate nelle stagioni intermedie. Queste popolazioni possono vivere, soprattutto nel periodo invernale, in villaggi stabili con abitazioni in legno o in muratura, ma molte hanno abitazioni che possono essere smontate e trasportate, come le tende degli indiani d’America e dei tuareg, che vivono nel deserto africano, o come la yurta, una grande tenda cilindrica con copertura a calotta, dei mongoli asiatici.

Una yurta mongola

Anche le popolazioni della foresta equatoriale sono nomadi: alcune, come gli yanomami dell’Amazzonia, vivono per un certo numero di anni in un villaggio, coltivando le terre vicine, poi, quando queste si sono esaurite, si trasferiscono alla ricerca di nuove terre. Ogni tribù però rimane sempre all’interno di un territorio ben definito. Altre popolazioni della foresta, che vivono di caccia e di raccolta, come i pigmei, si spostano con maggiore frequenza e costruiscono capanne molto semplici.

Pigmei Twa davanti alla loro semplicissima abitazione (Uganda)

Le popolazioni nomadi costituiscono una percentuale ridottissima della popolazione terrestre, assai meno dell’1%. Esse però vivono su aree abbastanza vaste, perché in un’area ristretta le risorse fornite dal territorio sarebbero insufficienti. Le loro terre, soprattutto nelle regioni ricoperte dalla foresta equatoriale, vengono spesso occupate da altre popolazioni alla ricerca di terreni per il pascolo o l’agricoltura, di minerali e di legname: così nella Nuova Guinea Occidentale le popolazioni locali vengono scacciate dalle loro terre, assegnate dal governo indonesiano a gruppi di immigrati provenienti da Giava.

Persone appartenenti a etnie marginali sulla Terra: da sinistra nella Nuova Guinea Occidentale, in Brasile e in Namibia. Queste popolazioni esercitano un grande fascino su noi occidentali, ma dimentichiamo facilmente che esse costituiscono una percentuale ridottissima dell’umanità

Le popolazioni che si dedicano principalmente all’agricoltura vivono soprattutto in villaggi di dimensioni più o meno grandi, o in case isolate sparse per la campagna. L’aspetto di questi villaggi cambia da regione a regione, in base ai materiali utilizzati, alla disposizione delle abitazioni, alle tecniche di costruzione, ai tipi di decorazioni, alla presenza di edifici di uso collettivo, quali il tempio o la sala delle riunioni: esiste un’estrema varietà di insediamenti rurali sulla superficie del nostro pianeta. Le foto seguenti te ne danno qualche parziale esempio.

Case sparse nella campagna irlandese

Casa rurale in Finlandia

Casa rurale in Russia

Casa rurale in Svizzera

Casa rurale in Grecia

Casa rurale negli Stati Uniti

Casa rurale a Cuba

Casa rurale in Colombia

Casa rurale in Brasile

Casa rurale in Marocco

Casa rurale in Nigeria

Casa rurale in Etiopia

Casa rurale in Sudafrica

Casa rurale in Cina

Casa rurale in Uzbekistan

Casa rurale in Nepal

Casa rurale in India

Casa rurale in Myanmar

Casa rurale in Australia

Casa rurale in Nuova Zelanda

Un’Airai Bai (ossia una tradizionale casa di ritrovo per gli uomini) nell'arcipelago delle Palau

Oggi vive in campagna meno del 50% della popolazione: nel 2006 infatti, per la prima volta nella storia, la popolazione delle città ha superato quella rurale. L’aumento della popolazione urbana è dovuto soprattutto alla forte crescita demografica negli ultimi decenni e al fatto che molti contadini migrano in massa dalle campagne alle città, dove sono migliori le possibilità lavorative e le condizioni di vita. In molte regioni dell’Africa, dell’America meridionale e dell’Asia la pratica dell’agricoltura non garantisce condizioni di vita adeguate, inoltre le grandi imprese straniere (europee o nord-americane) occupano le terre migliori e le coltivano con mezzi moderni, che richiedono una scarsa manodopera, oppure evitano la coltivazione dei campi, preferendo utilizzare le risorse del sottosuolo.
Sebbene l’aumento della popolazione urbana riguardi tutto il pianeta, vi sono ancora forti differenze tra Stati e regioni: ad esempio la popolazione rurale (secondo i dati della CIA del 2015) è del tutto assente in alcuni piccoli Stati formati da zone unicamente cittadine (come Città del Vaticano, Singapore, Hong Kong, Macao); è a livelli inferiori al 10% in Qatar (0,8%), Belgio (2,1), Uruguay (4,7), Giappone (6,5), Israele (7,9), Argentina (8,2); è tra il 10 e il 20% in Cile (10,5), Australia (10,6), Venezuela (11), Libano (12,2), Nuova Zelanda (13,7), Brasile (14,3), Arabia Saudita (16,9), Corea del Sud (17,5), Canada (18,2), gli Stati Uniti (18,4). In Russia è del 26%, in Italia del 31%, in Cina del 44,4%, in India del 67,3%, in Afghanistan del 73,3%, in Cambogia del 79,3%, in Etiopia dell’80,5%, in Papua Nuova Guinea dell’87%.

Cartina con la popolazione rurale nel 2015 sulla Terra








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